E' l'anno 1930. Un paese al confine tra Lazio ed Abruzzo. Siamo verso fine novembre. E' sera, e la famiglia, dopo una giornata di lavoro nei campi, o a badare al bestiame, è riunita davanti al camino. Si parla di quello che si è guadagnato oggi:
" eh sì perché qualcuno paga subito, altri invece ti dicono di non preoccuparti che verrai pagato domani. Meno male che stasera c'è la polenta col sugo e altre cose cotte alla brace: ah già! perché ieri sera cosa c'era? non abbiamo mangiato la stessa cosa? e ieri l'altro? Va beh comunque si mangia. E un po' per ciascuno ci si contenta".
E tutti a guardare lei, la moglie-madre, che prepara la polenta. Versa nel pentolone un piatto d'acqua per ognuno di noi (è così che si regola per le porzioni), ci mette il sale e lo mette a bollire nel camino. Versa poi un pugno di farina gialla e inizia a mescolare; solo quando quel poco di farina è cotta, allora versa un pugno di farina per ciascuno di noi e continua a mescolare senza fermarsi. E così fino a che la polenta diventa una crema molto soda e difficile da continuare a mescolarsi.
Poi dà un'altra occhiata al sugo fatto con aglio olio sedano e qualche cucchiaio di conserva di pomodoro allungata con acqua.
Tutti intorno al tavolo sul quale abbiam messo la spianatoia e li si versa la polenta, si distende bene con una paletta di legno e si condisce col sugo d'umido.
Ognuno mangia la porzione che ha davanti a se. Intanto si sente lo sfrigolio delle cose che stanno arrostendo sulla brace: patate tagliate a metà con un po' di sale sopra, castagne (ciascuna incisa appena con un coltellino), fette di pane con fettine di caciotta fresca.